Largo alle donne (o tenerle alla larga)

laRegione, 22 marzo 2024, di Marino Molinaro

Silvia Gada e la sua sezione Plr che ne candida una sola: ‘C’è ancora molto da fare per migliorare la conciliabilità lavoro-politica-famiglia. Il tema va approfondito’

Palazzo Civico non è un luogo per donne? Talune cifre e situazioni lo indicherebbero. A parte la parentesi di Flavia Marone che è stata municipale Ppd dal 2004 al 2012, l’esecutivo di Bellinzona pre e post aggregazione è sempre stato declinato al maschile al contrario di realtà come Lugano, Locarno, Chiasso e Mendrisio che han saputo valorizzare un po’ meglio la differenza di genere. Ora, tra le forze turrite in corsa alle Comunali del 14 aprile alcune spiccano per un inserimento di donne in lista per il Municipio, altre meno, talune affatto. Quattro candidati Lega/Udc, qui intervistati il 16 marzo, han fatto ‘mea culpa’: «Non siamo riusciti a coinvolgerne, talune si sono autoescluse, a destra siamo rimasti indietro». Il sindaco ha detto che per farsi eleggere «non basta essere uomini o donne e nemmeno essere militanti di un partito». Maura Mossi Nembrini, granconsigliera e consigliera comunale di ‘Più Donne’ ha lanciato il sasso: «Una volta candidate, le donne devono anche essere messe nella condizione di poter essere elette. Purtroppo quasi sempre vengono privilegiati i candidati uscenti oppure quelli che il partito caldeggia». Nel Centro l’uscente Giorgio Soldini è sotto pressione (c’è voglia di rinnovamento) e le candidate sono ben quattro. Due nell’Unità di sinistra (fra cui la presidente sezionale) i cui due attuali seggi sembrano però già essere attribuiti. Idem nel Plr, dove nell’altra metà del cielo brilla soltanto Giulia Mozzini, 28 anni, a digiuno di politica attiva. La presidente sezionale

Silvia Gada, designata un anno fa, analizza con noi la situazione.

Cos’è successo? Perché non siete riusciti a fare meglio? Cosa metterete in campo per favorire un riequilibrio che molti auspicano?

La commissione cerca ha incontrato persone politicamente molto valide. Giulia Mozzini lo è, come lo sono gli altri sei candidati. L’unica differenza è che molte altre donne e uomini sentiti non hanno dato la disponibilità a candidarsi per motivi professionali. La loro non è stata una rinuncia per disaffezione verso la politica. Il problema sta a monte, e mi spiego. Per svolgere bene una funzione bisogna anzitutto integrarsi e dare prova di sé. Perciò politica e società devono saper creare le condizioni quadro che consentano a chiunque di proporsi, trovare spazio, raccogliere opportunità, imparare, appassionarsi, crescere. In tal senso vedo che c’è ancora molto da fare per migliorare la conciliabilità lavoro-politica-famiglia, specialmente in una città in crescita come Bellinzona dove fare il municipale assorbe almeno il 50% del tempo lavorativo e parecchio tempo libero. E sebbene questo discorso valga a maggior ragione per le donne, non per forza mettere in lista quattro donne su sette è sinonimo di qualità a prescindere.

Però zero o una su sette sono poche. Cosa farà per favorire la donna in politica?

Si potrebbe valutare l’abbandono del sistema di milizia, che in base al Regolamento comunale prevede attualmente, comunque, retribuzioni e rimborsi spese. Ma ciò non cambierebbe il fatto che nel nostro sistema democratico la rielezione non è garantita, sebbene probabile. In questo contesto s’inserisce la reale possibilità di elezione di una o più candidate donne a fronte del concreto obiettivo del partito di vedere quantomeno confermati i seggi occupati da uomini.

Quindi il problema, viste le cifre esigue di donne candidate, è semmai dei partiti che non sanno formare al loro interno politiche donne?

Se la donna vuol far parte della politica deve proporsi. A loro volta i partiti devono saper coinvolgere, specialmente le nuove generazioni. E creare le condizioni affinché si appassionino alla cosa pubblica.

Ma se una parte del problema è la funzione – che ‘mangiando’ lavoro e tempo libero allontana ottimi papabili –, il Plr non intende suggerire una modifica del sistema?

Il tema va affrontato e approfondito, perché stiamo parlando della risposta che una persona eletta sa e può dare alle esigenze della popolazione. Un problema che non è solo di Bellinzona. Ricordo la contestazione, anche forte, sfociata nel referendum del 2018 contro le remunerazioni previste nel primo Municipio della Città aggregata. In quel momento ha prevalso l’idea che il municipale fosse attivo per solo qualche ora alla settimana e per il resto deleghi a funzionari e tecnici, mentre in realtà è tenuto a tenere tutto sotto controllo e a occuparsi anche dei contatti con la popolazione. Perciò a mio avviso si può immaginare una rivalorizzazione della funzione a livello di struttura e sistema, senza però andare verso una professionalizzazione o un riconoscimento previdenziale.

Ma come rivalorizzare la funzione se non si colma il vuoto pensionistico e se in definitiva è sempre l’elettore a decidere?

Purtroppo non sempre l’impegno di un municipale ottiene il giusto riconoscimento del cittadino votante. Sarebbe utile aumentare la consapevolezza generale di quanto la politica e i municipali fanno in un contesto assai complesso. Con troppa facilità si sminuisce e banalizza. Assumendo un anno fa la presidenza della sezione ho voluto impostare un lavoro di ‘rete’ nella quale confrontarci e individuare soluzioni. Confido che da questo contesto arrivi il sostegno verso chi intende ingaggiarsi maggiormente, come pure proposte migliorie.

Proprio perché il problema non è solo di Bellinzona e le grandi Città aggregate richiedono funzioni e impegno maggiori rispetto agli ex piccoli Comuni, non è il caso di rivedere la situazione su scala cantonale?

Appunto, bisognerebbe partire da una rivalorizzazione del lavoro svolto. Inoltre credo che si dovrebbero definire in modo preciso il carico di lavoro e la conseguente remunerazione. Senza però perdere lo spirito del sistema di milizia, che garantisce un contatto diretto col territorio.