La chiave al collo

laRegione, 12.03.2024 di Nadia Bianchi, candidata per il Plr al Consiglio comunale di Bellinzona

Con la chiave che da bambina portavo appesa al collo, avevo il compito di aprire la porta di casa al rientro da scuola e attendere che mia madre e mio padre tornassero dal lavoro. Allora, tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80, frequentavo le scuole elementari alle Semine. Il simbolo di quella che allora era una responsabilità, la chiave di casa di cui ero fiera e che mi faceva sentire grande, oggi, che sono adulta e madre di due figlie, non può esimermi dal riconoscere fondamentale importanza alla realizzazione di condizioni che garantiscano la conciliabilità tra vita familiare e professionale. I miei genitori lavoravano entrambi per necessità, come spesso accadeva nelle famiglie di immigrati. In quegli anni le misure a sostegno della conciliabilità lavoro-famiglia dovevano ancora farsi spazio nei gremi politici. Il freno era costituito dalla presenza di un tessuto sociale fortemente caratterizzato da una ripartizione dei ruoli familiari che relegava spesso la donna alla mansione di casalinga, ma anche da una minore sensibilità sociale per le difficoltà in seno alle famiglie meno abbienti, in cui entrambi i genitori lavoravano.

Oggi, in una società cambiata, in cui le donne lavorano non solo per consentire alla famiglia di sbarcare il lunario, ma anche per conquistare indipendenza e realizzazione professionale, l’adozione di misure a supporto nella cura dei figli è divenuta viepiù importante. Lo è anche per le famiglie monoparentali che, spesso più delle altre, sono confrontate con difficoltà logistiche nell’accudimento della prole. Alla luce di queste trasformazioni sociali abbiamo il dovere di garantire un’offerta adeguata, economicamente sostenibile e capillare di asili nido, mense e attività extra scolastiche.

La politica comunale, inserita nel quadro di una legislazione cantonale, gioca senza dubbio un ruolo essenziale in questo contesto. Ad essa è quindi devoluto il compito di concepire e organizzare luoghi, personale qualificato e strutture che possano rispondere a queste esigenze. Tanto si è già fatto, ma molto ancora si deve continuare a fare. La mia esperienza personale e la consapevolezza delle criticità nel gestire attività professionale e famiglia mi impongono di promuovere una politica, attenta e sensibile, a tutela del benessere dei minori e delle loro famiglie, soprattutto le più deboli, che devono poter contare sull’esistenza di buoni servizi. Occorre per esempio valorizzare il significato educativo delle attività della prima infanzia e delle attività extra scolastiche, affinché l’accudimento possa promuovere anche lo sviluppo cognitivo del bambino nei cruciali anni della sua crescita. Un reale supporto va poi offerto alle famiglie economicamente più deboli con il riconoscimento di rette proporzionate alla loro forza salariale. È infatti anche con un’attenzione per la differente forza economica che si può fare l’uguaglianza. Solo così facendo possiamo garantire la sicurezza, l’educazione e la stabilità emotiva dei nostri figli per trasformare quella chiave in un passe-partout per le porte del loro futuro.